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Magnifica Comunità
di Fiemme

La Festa del Boscaiolo

Magnifica Comunità
di Fiemme

Il Palazzo, Museo Pinacoteca

Il Lavoro del Boscaiolo

La Fluitazione

Fino a centocinquant’anni fa o poco meno, il lavoro più impegnativo dei boscaioli, da svolgere in gruppi molto numerosi, era quello della fluitazione, cioè del trasferimento dei tronchi da monte a valle sulle acque dei torrenti. Sembra che la pratica durò fino al 1870 circa, con qualche ricordo più recente. Mancano purtroppo le immagini fotografiche, salvo quelle che mostrano imponenti cataste di tronchi presso il bacino di decantazione ad est di Predazzo.

Solo pochi corsi d’acqua potevano consentire questo tipo di trasporto che si rendeva necessario in assenza di strade di monte praticabili da robusti carri da trasporto. Forse, ma è solo un’ipotesi, la fluitazione sui torrenti immissari dell’Avisio, fu praticata soprattutto dai mercanti forestieri ai quali importava poco che il legname si deteriorasse in notevoli quantità, come effettivamente avveniva con disappunto dei segantini. Una riprova di questa ipotesi sta nella presenza di documenti del Cinquecento che parlano di esbosco anche con carri dalla Val Cadino. Il metodo della fluitazione prevedeva una diga di tronchi e di terra a monte in modo da creare un bacino artificiale. I tronchi tagliati erano accostati in qualche modo al letto del torrente e, quando lo sbarramento precario (“la stua”) veniva fatto saltare, una irruente massa d’acqua trascinava a valle il legname ammassato sulle rive. Una parte si impigliava in ostacoli naturali e quindi l’operazione doveva essere ripetuta con un’altra ondata di piena. A valle, il legname veniva fermato facendo calmare le acque in apposite conche in parte artificiali e i boscaioli tiravano a riva i tronchi con lunghi arpioni che in seguito rimasero in dotazione ai pompieri. Dove era praticata, la fluitazione ha lasciato qualche nome di luogo: la Malga della Stua presso lo sbocco di Ceremana sul Travignolo, Stuet nel Valonat, ma soprattutto la Val delle Stue in Cadino.

Assai spesso però, questo metodo provocava danni ingenti alle strade ed ai campi. Dei pericoli derivanti da questo metodo di avvallare i tronchi è testimonianza un verbale della Regola di Predazzo: “12 settembre 1802. Questa Regola non può permettere, ne tolerare che venga erretto delle Stuve d’acqua sopra il Torrente Travignolo, mentre a cagione di queste, abbiamo provato li lacrimevoli effetti, e segnatamente l’anno 1748 con rovinarci pressoché tutta la nostra campagna”.

Non è noto come si praticasse la fluitazione sul torrente Avisio: la “menada”, storicamente assai più antica e controllata dal fisco vescovile, è testimoniata nei regolamenti sull’esportazione del legname e fu certamente di grande consistenza per molti secoli. Basti una citazione per tutte: nel Cinquecento un impresario forestale nel giro di una stagione trasferì diecimila tronchi con cinquanta paia di buoi dalla località Canton in Cadino alla sponda dell’Avisio, pronti per la fluitazione verso l’Adige. In assenza di nomi di luogo che ricordino sbarramenti eretti allo scopo, viene da pensare che sul torrente principale di fondovalle, piuttosto che provocare artificialmente una spinta d’onda, si preferiva attendere una delle tante piene primaverili o autunnali che rendevano anche il lavoro meno pericoloso e richiedevano soltanto un gran numero di uomini per lunghi tratti del corso d’acqua onde convogliare quei tronchi che si fermavano o si impigliavano fra i sassi e i cespugli. La tappa finale erano “i Vodi” di Lavis, oltre i quali il legname veniva allineato in lunghe zattere sulle acque più calme dell’Adige.

Note bibliografiche
Per la stesura di questo inserto sono state utilizzate le informazioni contenute nel capitolo specifico dell’opera di Arturo Boninsegna “Dialetto e mestieri a Predazzo” (1980), ristampato nel 2003. Altre notizie provengono da diversi scritti del prof. Italo Giordani, tra cui “La Magnifica Comunità di Fiemme. Sintesi storica”, eccellente articolo in Dendronatura (1/1998), e “Il lavoro nel bosco in Val di Fiemme” di Agostino Bortolotti (1978).