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Magnifica Comunità
di Fiemme

La Festa del Boscaiolo

Magnifica Comunità
di Fiemme

Il Palazzo, Museo Pinacoteca

Il Lavoro del Boscaiolo

L'abbattimento delle Piante

Il lavoro specifico del boscaiolo è naturalmente quello del taglio dei tronchi nel bosco. Da secoli norme piuttosto precise cercano di impedire disboscamenti selvaggi o danni al bosco che deve rimanere in piedi. Si dice in genere che vanno abbattute solo le piante mature e quando la cessazione della crescita è in realtà evidente: la cima si allarga in più rami spuri, la corteccia si squama, crescono sui rami muschi e licheni. L’età di maturazione dipende da luogo a luogo. Nelle posizioni più favorevoli e sui terreni fertili un tempo si abbattevano abeti di circa centoquarant’anni con un diametro alla base intorno a un metro e mezzo. Oggi spetta alla guardia forestale consentire l’abbattimento delle piante, sia sulle proprietà pubbliche che su quelle private (“martelàr”, segnare con un particolare martello-accetta). Resta tuttora in piedi la controversia che fa discutere le diverse scuole forestali. In passato l’abbattimento si faceva a “fratta”, cioè esteso a larghe chiazze nelle quali quasi subito e per anni cresceva un sottobosco di fragole, lamponi, mirtilli e altri frutti minori utilizzati nella cucina tradizionale. Più di recente invece invalse l’uso di scegliere unicamente le piante mature e lasciare in piedi le altre, attirando con ciò la critica che “si apre” il bosco, si favoriscono gli schianti per il vento e comunque si danneggiano le piante giovani vicine. Ancora una differenza dei tempi: oggi i boscaioli incominciano a lavorare appena la neve e il disgelo lo consentono fino all’inverno successivo. Un tempo invece l’abbattimento avveniva soltanto nei mesi in cui le piante avevano la linfa (“andavano a lat”), cioè durante il periodo vegetativo e quindi il lavoro era sospeso in estate, anche perché ognuno doveva pensare alla fienagione e ai lavori nei campi. Prima attenzione del boscaiolo è quella di osservare a lungo il luogo più opportuno per far cadere la pianta, per non danneggiare le altre, o perché non si impigli o non si spezzi nella caduta. In genere però la pianta viene fatta cadere verso valle o in modo da rendere più facile la successiva diramatura. Gli attrezzi per l’abbattimento erano un tempo le scuri con ferro stretto e allungato perché penetrassero più a fondo (“manèra” o “manara”). In un secondo momento si introdussero i segoni a due mani e infine oggi l’uso generalizzato è quello della motosega con la quale in pochi secondi un solo uomo abbatte piante di qualsiasi diametro. Dei tempi antichi è però rimasto qualche cosa: l’attenzione ad essere soli, lo studio prolungato della caduta, la posizione del boscaiolo molto vicina al ceppo del tronco perché è il posto più sicuro; e inoltre anche in chi usa i mezzi più moderni si nota un modo di lavorare “atavico”, cioè una gestualità antica.

Note bibliografiche
Per la stesura di questo inserto sono state utilizzate le informazioni contenute nel capitolo specifico dell’opera di Arturo Boninsegna “Dialetto e mestieri a Predazzo” (1980), ristampato nel 2003. Altre notizie provengono da diversi scritti del prof. Italo Giordani, tra cui “La Magnifica Comunità di Fiemme. Sintesi storica”, eccellente articolo in Dendronatura (1/1998), e “Il lavoro nel bosco in Val di Fiemme” di Agostino Bortolotti (1978).