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Magnifica Comunità
di Fiemme

La Festa del Boscaiolo

Magnifica Comunità
di Fiemme

Il Palazzo, Museo Pinacoteca

Il Lavoro del Boscaiolo

Notizie Storiche sul Mestiere

I nostri nonni e padri ricordano con sicurezza che il massimo sviluppo del mestiere del boscaiolo si ebbe fra le due guerre mondiali, quando era necessario recuperare in fretta il legname deteriorato o abbattuto dalle vicende belliche sulla catena di Lagorai. In quegli anni, di scarsa occupazione in altri campi, molti operai si erano raggruppati in “compagnie” per tagliare e lavorare i tronchi e per ripulire in fretta ogni schianto ed ogni cascame onde evitare l’attacco al bosco del temutissimo bostrico o “bècherlo” (ips typographus). Ma arretrando nel tempo, diventa difficile avere la certezza che quello del boscaiolo fosse considerato un mestiere, per mancanza di attestazioni scritte.

A metà dell’Ottocento, ai fini fiscali quell’attività viene citata solo per pochi individui i quali forse non potevano qualificarsi come contadini perché privi di qualsiasi proprietà terriera. Probabilmente nelle società trascorse il mestiere del boscaiolo era considerato così poco “specializzato” e praticato con buona perizia da tanti uomini che non rientrava fra le occupazioni artigianali. È impensabile infatti che non esistessero boscaioli, e addirittura in gran numero, specialmente in quel Settecento che vide i boschi comunitari e anche regolieri affittati “in piedi” ai mercanti forestieri, che ne ricavarono grandi fortune e posero a rischio l’esistenza addirittura delle nostre foreste, come altrove fu praticato con danni irreparabili per l’ambiente e la sicurezza del territorio. Oltre a ciò, nei diversi “Libri de voti” o verbali di Regola del Settecento compaiono continue richieste di legname da fabbrica, allestito naturalmente dallo stesso richiedente. Di grande interesse è ancora un quaderno di Tesero per l’assegnazione di legname vario (abete, larice, cirmolo) in cui si teneva nota puntuale delle richieste e dei prelievi dei privati sui boschi della Comunità. Ma forse, la controprova migliore del fatto che “tutti erano boscaioli”, si ha nelle norme degli “Ordeni de Boschi” della Magnifica, per esempio nella stesura del 1605. Ivi si precisano i boschi “ingazati” e riservati unicamente per legname da fabbrica. Fra gli altri: la Cùgola, la Rocca, Cornon, Viezzena, Friul, Cece e Zocaré sulla Bellamonte (ridotto in seguito ad alpe falciabile). In questi boschi il vicino poteva soltanto ricavare legname da fabbrica, mentre su tutto il resto del territorio, e in particolare su quello delle Regole, il taglio era libero sia per bisogni propri che per la vendita, entro una quantità prestabilita e sotto il controllo dei saltari forestali.

Quindi, se nei documenti antichi non si nominavano esplicitamente i boscaioli, ciò avvenne perché questo lavoro si configurava come una generica e ordinaria attività rurale del contadino. Sembra una cosa ovvia, ma in ciò pare di intravedere una traccia antica del dissodatore neolitico di cinquecento anni prima di Cristo, che per ricavare campi e ronchi doveva dapprima farsi boscaiolo e abbattere le piante che ingombrano il terreno.

Note bibliografiche
Per la stesura di questo inserto sono state utilizzate le informazioni contenute nel capitolo specifico dell’opera di Arturo Boninsegna “Dialetto e mestieri a Predazzo” (1980), ristampato nel 2003. Altre notizie provengono da diversi scritti del prof. Italo Giordani, tra cui “La Magnifica Comunità di Fiemme. Sintesi storica”, eccellente articolo in Dendronatura (1/1998), e “Il lavoro nel bosco in Val di Fiemme” di Agostino Bortolotti (1978).